DESCRIZIONE
Fara Gera d’Adda
Portale Web del Comune in Provincia di Bergamo Pianura Bergamasca Fara Géra d’Ada (I spì )
Fara Gera d’Adda e semplicemente Fara fino al 1864 è un comune italiano della provincia di Bergamo in Lombardia situato nella Gera d’Adda, sulla riva sinistra del fiume Adda, dista circa 20 chilometri a sud-ovest dal capoluogo orobico BERGAMO.
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Popolazione Residente | |
7.979 (M 3.974, F 4.005) Densità per Kmq: 751,3 Superficie: 10,62 Kmq |
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Codici | |
CAP | 24045 |
Telefonico | Prefisso 0363 |
Codice Istat | 016096 |
Codice Catastale | D490 |
Informazioni | |
Denominazione Abitanti | faresi |
Santo Patrono | Sant’Alessandro |
Festa Patronale | 26 agosto |
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CENNI STORICI
La storia di Fara Gera d’Adda
Autari, terzo re dei Longobardi in Italia, venne eletto nel 585. A lui la tradizione attribuisce l’insediamento della sua tribù o fara sulle rive dell’Adda, luogo che acquistò in seguito notevole importanza, per avervi il re costruito un palazzo ed una basilica di culto ariano, e che da lui si chiamò FARA AUTARENA.
Quasi cento anni erano trascorsi con i Longobardi al potere, quando sulla scena politica italiana apparvero due personaggi “chiave” della nostra storia, il re Grimoaldo e il vescovo Giovanni di Bergamo, autore questi della conversione degli ariani faresi al cattolicesimo.
Sei diplomi imperiali, confermano l’esistenza a Fara, nel secolo VI, di un luogo riservato al culto e dedicato a S. Alessandro martire.
Il monumento anche se diroccato, esiste ancor oggi “sotto gli occhi di tutti”, in piazza Roma.
Conosciuta oggi come “oratorio di Santa Felicita”, la basilica Autarena conserva ben poco delle sue antiche forme architettoniche. A conclusione di studi, condotti con meticolosa accuratezza, si può assegnare la costruzione della basilica farese alla fine del VI secolo.
Travolto il regno longobardo da Carlo Magno nel 774, la nostra storia, per alcuni secoli, registra quasi unicamente azioni di guerra, vandalismi, invasioni, distruzioni.
Nel 904, il vescovo di Bergamo Adalberto ottenne da Berengario la facoltà di ricostruire e fortificare la città di Bergamo, e di cingere di mura e fossati i paesi del contado. E’ da supporre, pertanto, che il vescovo abbia dato corso anche alla fortificazione di Fara: scavò un fossato, alimentato dalle rogge derivate dal fiume Adda; lo cinse di mura e costruì il castello.
Fara, che potremmo definire comune “feudale” ebbe i suoi amministratori pubblici, i consoli, sottomessi, o quasi, al feudatario bergamasco.
Il periodo attorno al Mille sembra caratterizzato da un forte risveglio demografico e da una maggiore produzione agricola. La presenza dei milanesi è ormai un fato documentato, come documentata è la loro ambizione al possesso delle terre, nonché alla “signoria” del paese. E mentre da una parte i faresi ne godevano, dall’altra la faccenda non garbava al vescovo di Bergamo che vedeva minacciata la sua signoria. A lui venne in aiuto l’imperatore Federico Barbarossa che con diploma del 1156 gli aveva riconfermato in pieno la giurisdizione su Fara. Nel 1160 i faresi, sudditi del vescovo Gerardo, si opposero all’imperatore. Ne scaturì una lunga e aspra battaglia, ove l’imperatore riuscì a prendere il castello, che venne raso al suolo, demolì parte delle mura e distrusse il paese.
Nel dicembre del 1306 le aspirazioni libertarie dei faresi, sostenuti dai milanesi, si scontrarono con il neoeletto Giovanni di Scanzo, vescovo di Bergamo e loro “signore”. Tre anni dopo, il vescovo morì e la questione passò nelle mani di Cipriano degli Alessandri, senza alcun mutamento.
Solo nel 1315, non perché umiliati e perdenti, ma per le mutate condizioni politiche, i faresi chiesero e ottennero l’assoluzione.
Nel 1525 il duca di Milano Francesco II Sforza, nominò Giovanni Paolo marchese di Caravaggio. Il nuovo ordinamento segnò la fine della situazione anomala di Fara che, nella Geradadda, era l’unica ad avere un suo feudatario ecclesiastico, con piena giurisdizione civile e religiosa.
Successivamente, i Melzi, nobile famiglia milanese, presenti a Fara sin dal 1464 con vastissime proprietà terriere, riuscirono a sottrarsi al nuovo potere, gettando altresì le basi di quello che, a partire dal 1580, sarà il Comune Massari de Melzi,con sede nella cascina Badalasca, autonomo ed interamente separato da quello di Fara. Nel primo quarto del secolo successivo, i faresi terminarono la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di S. Alessandro, essendo crollata o quasi l’antica basilica.
La fine del seicento segna la fine de Marchesato di Caravaggio, per la morte dell’ultimo marchese senza lasciar eredi maschi.
Nel frattempo, gli Spagnoli avevano passato la mano agli Austriaci nel governo del ducato di Milano. Nel 1784 Giuseppe II volle unificare i confini religiosi del ducato con quelli civili, per cui la parrocchia di Fara, già ducato di Milano per il civile, cessò di far parte della diocesi di Bergamo e venne aggregata a quella di Milano.
L’abbondanza dei documenti d’archivio ci presenta un quadro nero dell’ambiente farese nell’Ottocento: forti tempeste nel 1810, gravissime carestie nel 1855 – 1862 – 1863 – 1866 -. 1867, il vaiolo nel 1884 . 1888 – 1896, pellagra, scabbia nel 1877…..una sequela interminabile di flagelli che sconvolsero letteralmente il paese.
A sollevare leggermente le condizioni economiche, arrivo nel 1870 la società Ceriani & C. con la costruzione di uno stabilimento di filatura per la lavorazione del lino e della canapa. Società che nel 1873 cambiò ragione sociale in Linificio e Canapificio Nazionale (L.C.N.).
Tra rivendicazioni operaie, emigrazioni, recessione dell’agricoltura, il Novecento denota un certo risveglio con il sorgere di attività sociali e previdenziali promosse da cattolici, socialisti, liberali, e dal L.C.N
L’arte e i monumenti
Nel 1761 l’arciprete don Gerolamo Lodetti diede inizio alla costruzione di una nuova Chiesa Parrocchiale terminata nel 1777, con grandi sacrifici di tutta la popolazione. I contadini faresi, seppero, da sempre, sfruttare le acque del fiume Adda per l’irrigazione dei campi. Le rogge di Fara, in parte proprietà della Chiesa ed in parte del Comune, ebbero una funzione di grande rilevanza per la costituzione geologica del terreno, per lo sviluppo agricolo della zona. Le acque del fiume Adda e le nostre rogge interessavano altri paesi della Geradadda, i quali nel 1430 si accordarono con i faresi per lo sfruttamento. Nel 1474 venne costruita la Vailata, la più famosa delle nostre rogge. Ma se i faresi avevano pensato allo sfruttamento delle acque del fiume Adda per l’irrigazione dei campi, sarà un milanese, il dottor Andrea Ponti, a studiarne l’impiego per lo sfruttamento industriale con la costruzione, nel 1870, di uno stabilimento tessile, uno dei primi in Italia di così vasta portata, che diede lavoro a numerosi faresi, ma anche a manodopera proveniente da località lontane. Sorsero così un convitto, per ospitare le maestranze, uno spaccio aziendale, le case operaie, l’asilo infantile e le scuole. Per consentire l’attraversamento dell’Adda agli operai che, dalla sponda di Groppello, si recavano allo stabilimento di Fara, la Società del L.N.C. realizzò un ‘traghetto’, in seguito sostituito da un ponte di legno, decisamente più sicuro. Oggi questo ponte, completamente rinnovato è uno degli elementi architettonici più tipici del centro, insieme alla Basilica Autarena e alla ‘casa dominicale’, che i Vescovi di Bergamo possedettero fino alla seconda metà del 700.
La piazza centrale del paese – piazza Roma o piazza della Chiesa – presenta oggi quattro costruzioni di notevole richiamo.
La Basilica Autarena (sec. VI) è l’unico monumento che ricorda l’origine romano-longobardica del paese. Recentemente restaurata sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica e dei Monumenti della Regione Lombardia, è oggetto di rinnovata attenzione e studio di storici e archeologi.
La Chiesa Parrocchiale dedicata a Sant’Alessandro (un tempo Santa Croce e Sant’Alessandro): costruita nella seconda metà del XVIII secolo su un area precedente del XVI secolo, venne ampliata nel 1934 e ristrutturata nel 1983. Di notevole pregio gli altari dedicati a Sant’Antonio e alla Madonna del Rosario con le 15 tele dei ‘misteri del rosario’, opera del pittore bergamasco Francesco Cavagna del 1623, figlio del più noto Gianpaolo. Nelle quattro vele dalla cupola, gli affreschi degli Evangelisti, di autore ignoto (sec. XIX).
Il Palazzo Municipale costruito nel 1878 su progetto dell’ing. Pietro Guaitani, fratello del sindaco Agostino, sull’area già occupata dal vecchio ‘lazzaretto’ di proprietà della famiglia Campi.
Casa Campi del XVI secolo: oggi decorosamente ristrutturata, dominava, imponente e vasta, con brolo e porticato, il centro storico del paese. Qui, nella casa di Gioachino Campi, venne redatto, l’8 dicembre 1692, lo strumento di acquisto del futuro ‘Palazzo dei Vescovi’ di Bergamo.
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